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E’ stato come assistere ad una vera e propria nascita. Si sono incontrati 100 fra pizzaioli, chef e direttori provenienti da tutti i Rossopomodoro d’Italia per dar vita al nuovo menù autunno/inverno 2017-2018. E noi abbiamo seguito le fasi di questa creazione, attraverso un video che mostra l’atmosfera di una grande famiglia napoletana. Tra banchi di lavoro e forni per le pizze ci siamo concessi anche alcuni assaggi delle prelibate ricette della tradizione partenopea. Una giornata indimenticabile anche per noi.
“Un supermercato non è diverso da un museo”. Così uno dei maggiori interpreti della società e del costume degli anni ’60, colui che ha decodificato senza alcun timore la superficialità di una società che si andava sempre più standardizzando nella sua meccanica freddezza, si esprimeva a proposito del ruolo dell’arte. Partendo dal presupposto che la pittura fosse stata sostituita, almeno in parte, dalla fotografia, Andy Warhol era convinto che le opere d’arte potessero essere esposte in un museo al pari dei prodotti sugli scaffali di un supermercato. La stessa pubblicità, quindi, diventava arte, impressa nelle serigrafie che ripetevano ostinatamente in serie l’immagine di volti o di prodotti, come la Coca Cola, la zuppa Campbell, il ritratto di Marilyn Monroe o i detersivi in scatola. Affascinato dalla cultura del consumismo degli anni ’60, Warhol puntava a colpire l’osservatore con la stessa forza con cui la pubblicità scuoteva il consumatore per indurlo a comprare. L’arte diventava parte del circuito industriale e produttivo e, per questo motivo, assomigliava alla pubblicità, iniziava ad essere regolata dai canoni dell’advertisment: non soltanto le immagini delle lattine di zuppa erano riproducibili all’infinito, anche un volto impresso in un ritratto diventava ripetibile in serie, snaturato da ogni approfondimento psicologico, nella sua immagine senza dimensioni, piatta, trionfo della forma sulla sostanza. La fusione artistica tra arte e pubblicità è evidente nelle opere della collezione Ads (“advertisement”), realizzate negli anni ’80, nelle quali Warhol, attraverso le immagini ripetute in serie di Mao Tse Tung, di Goethe e della Regina Elisabetta II e, attraverso le serigrafie del presidente Ronald Reagan che reclamizzava le camicie Van Heusen, sottolineava la vocazione ormai pienamente pubblicitaria dell’arte.
Sicura di sé, attraente, sexy, anticonformista, a tratti aggressiva, completamente a suo agio in uno scenario quasi surreale. Continue reading article →
E’ ciò che abbiamo voluto descrivere nello spot social Ham Holy Burger Continue reading article →
Un contest cucito sul cliente.
Creazione del contest del concorso e dell’intera campagna, studiata per trasmettere il messaggio e il contesto di cui l’azienda/cliente ne fa parte. Continue reading article →
Nel video “Sacro Come il Tuo Piacere”, realizzato per Ham Holy Burger, protagonista è il piacere di godersi in pieno un hamburger squisito Continue reading article →
Nella campagna “E’ tutta n’ata storia”, realizzata in occasione del cambio menù di Rossopomodoro, gli ingredienti e gli alimenti della tradizione napoletana diventano non solo protagonisti Continue reading article →
Quando il 28 dicembre del 1895, al Salon Indien du Gran Café a Parigi venne proiettato per la prima volta il film dei fratelli Auguste e Louis Lumière, “La Sortie de l’usine Lumière” (L’uscita dalle officine Lumière), nessuno pensava di assistere a uno dei primi esperimenti di visual marketing. Gli inventori del cinematografo, infatti, utilizzarono questo film per il lancio pubblicitario della propria attività imprenditoriale, che consisteva nella produzione di lastre fotografiche. I fotogrammi proiettati mostravano una folla di uomini e donne che uscivano dai cancelli della fabbrica fondata dal padre dei fratelli Lumière a Montplaisir, alla periferia di Lione. Lo scopo dei fratelli Lumière non era soltanto quello di promuovere la propria attività, ma anche quello di affermare la paternità dell’invenzione del cinematografo rispetto a Eastman e Edison, una sorta di registrazione del marchio attuata con l’inserimento del loro cognome nel titolo del primo film della storia del cinema. “Lumière”, un vero e proprio “brand”. Dobbiamo al cinema la prima strategia di sviluppo di una brand identity aziendale.